Tunnel Carpale
La sindrome del tunnel carpale spesso si presenta con questa sintomatologia. E’ una patologia presente circa nel 3% della popolazione, colpisce prevalentemente le donne verso i 50 anni di età. Il tunnel carpale è un canale anatomicamente definito alla piega del polso costituito lateralmente dalle ossa del carpo sulle quali è tesa una banda fibrosa detta legamento trasverso. All’interno di questo tunnel oltre a strutture vascolari ed i tendini flessori delle dita, scorre il nervo mediano che origina dal plesso brachiale. Appare chiaro quindi che qualsiasi condizione capace di ridurre lo spazio di scorrimento all’interno del tunnel, sia possibile causa di danno al nervo.
Anche se alcune malattie sistemiche come il diabete mellito, e l’artrite reumatode, sono state associate a questa patologia, l’ipotesi più accreditata per lo sviluppo della sindrome del tunnel carpale rimane quella occupazionale, in cui movimenti ripetuti e prolungati, creano aumento pressorio all’interno del tunnel comprimendo quindi il nervo mediano. Per fare diagnosi in genere ci si basa sulla clinica, ed importantissimi sono i sintomi descritti dal paziente, che di solito riferisce dolore al polso irradiato alla mano, (che può risalire dall’avambraccio fino alla spalla), e parestesie notturne o al risveglio. A questa fase che definiamo irritativa, può seguirne una parestetica dolorosa con difficoltà nell’esecuzione dei movimenti fini. In alcuni casi, soprattutto se la patologia viene sottovalutata, si può osservare riduzione o addirittura scomparsa del dolore, che però non rappresenta un segno prognostico positivo, perché è indice di denervazione, in cui concomita atrofia e deficit di forza. E’ chiaro che il paziente con parestesia alla mano può essere affetto anche da altre patologie come una radiculopatia cervicale (C6-C7) quindi necessariamente va fatta una diagnosi differenziale.
Il medico pratico si avvale di almeno due test clinici per diagnosticare la sindrome del tunnel carpale: il test di Tinel dove si percuote ripetutamente con un martelletto o semplicemente con un dito la zona del polso dove passa il nervo mediale. Il test verrà considerato positivo nel caso in cui il paziente avvertirà una scarica elettrica il test di Phalen dove il paziente viene invitato a tenere la mano in posizione flessa per circa 30 secondi, anche in questo caso si considera positivo il test se la manovra determina parestesia. Chiaramente per poter confermare la diagnosi ci si può avvalere di esami strumentali, il più importante dei quali risulta essere l’elettromiografia (EMG) attraverso il quale oltre a diagnosticare la patologia, possiamo anche monitorare l’eventuale evoluzione e stabilire l’urgenza per un trattamento più o meno radicale. Questo esame che si effettua mediante elettrodi che inviano piccole scosse elettriche, ci permette di valutare la velocità dell’impulso nervoso, e di conseguenza l’integrità del nervo. La terapia chiaramente viene impostata in base alla gravità della situazione. Nella migliore delle ipotesi, quando si riscontra l’accentuazione del sintomo con i movimenti quotidiani del paziente, potrebbe essere sufficiente mettere a riposo l’arto utilizzando dei tutori, cambiando modalità lavorativa ed utilizzare farmaci antinfiammatori per ottenere un buon risultato, a questi si possono correlare anche degli integratori a base di di vitamina o di acido alfa-lipoico.
Quando la patologia appare più seria bisogna ricorrere a cure fisioterapiche. Il trattamento con mezzi fisici è particolarmente indicato nelle fasi iniziali della terapia, soprattutto quando l’integrità del nervo è abbastanza conservata, in questa fase ci si avvale soprattutto di:
- Laserterapia che sfruttando la fase di luce induce una biostimolazione sul tessuto patologico, con effetto antalgico ed antinfiammatorio diminuendo l’edema tissutale aumentando il drenaggio venoso.
- Ionoforesi che permette la diffusione locale di sostanze medicamentose ionizzate per mezzo di corrente galvanica.
- Ultrasuono che attraverso l’effetto vibrante determinato dall’onda ultrasonica stimola il metabolismo locale favorendo la riparazione del tessuto
Quando il trattamento medico e fisioterapico falliscono, è necessario ricorrere alla chirurgia. Questa soluzione sicuramente più cruenta è anche quella più risolutiva, alla quale vi si deve ricorrere quando lo stato della patologia risulta avanzato. Il protrasi di uno stato patologico potrebbe comportare una condizione di danno neurologico irreversibile con atrofia e paralisi del nervo. Quindi nel caso in cui le alterazione allo studio elettromiografico mostrino un grado di denervazione importante la chirurgia rimane l’unico strumento in grado di salvare la funzione lesa.